La storia dei rifiuti pericolosi

Scopri la storia dei rifiuti pericolosi dal 1950 al futuro ...

 

I 30 anni gloriosi

I “gloriosi anni Trenta” furono caratterizzati da una forte crescita economica, dalla piena occupazione, dal rapido aumento del potere d'acquisto e dall'affermarsi dei consumi di massa.

Questa trasformazione industriale, scientifica e tecnica si manifestò soprattutto nell'utilizzo di nuove fonti energetiche, nello sviluppo dell'automazione e, infine, nell'industria chimica, una serie di scoperte e sviluppi che permisero la produzione di un numero crescente di prodotti sintetici che avrebbero potuto, in futuro, sostituire in larga misura i principali prodotti naturali, i metalli e, senza dubbio, gli alimenti naturali.

Grazie al decuplicarsi della potenza di questa ondata di scoperte, il campo d'azione dell'uomo comincia ad estendersi alla conquista dello spazio.

 

 

Consapevolezza

Al culmine di questi tre decenni di crescita economica, la produzione industriale si è intensificata e nel 1960 ogni cittadino francese produceva in media 250 chili di rifiuti all'anno. Una cifra che sarebbe aumentata nel corso degli anni con il costante incremento dei consumi.

Ma a quel tempo, nuovi rifiuti significavano anche nuovi problemi.

Dopo decenni di inquinamento sistematico degli oceani, la Convenzione di Londra del 1972 vietò lo scarico di alcuni rifiuti pericolosi, come fanghi industriali e materiali radioattivi.

 

 

Un importante progresso normativo

La legge del 1975 conferisce ai rifiuti uno status giuridico e stabilisce le responsabilità di tutti i produttori di rifiuti.

I rifiuti sono definiti come “qualsiasi residuo di un processo di produzione, trasformazione o utilizzazione, qualsiasi sostanza, materiale, prodotto o, più in generale, qualsiasi bene mobile abbandonato o che il suo detentore intende abbandonare”.

L'inquinatore è colui che “produce o detiene rifiuti in condizioni tali da avere effetti nocivi sul suolo, sulla flora e sulla fauna, da degradare i siti o i paesaggi, da inquinare l'aria o l'acqua, da generare rumori o odori e, in generale, da recare pregiudizio alla salute umana e all'ambiente”. È ritenuto responsabile dei suoi rifiuti ed è obbligato a smaltirli o a farli smaltire in condizioni che rispettino la salute e l'ambiente.

 

 

Nascita della SARPI

In risposta all'obbligo normativo per le aziende industriali di trattare i propri rifiuti in strutture dedicate, è nata la SARPI, con l'inaugurazione del primo impianto nel luglio 1975.

Il primo inceneritore statico è stato messo in funzione nel 1976.

Altri impianti si sono aggiunti alla rete di strutture di trattamento della SARPI in Francia e in Europa.

Nel 2024, la SARPI conta più di 4.000 dipendenti e più di 110 siti industriali in 10 Paesi europei.

 

 

Eliminazione e trattamento della tossicità

Fino alla fine del XX secolo, la priorità era l'eliminazione dei rifiuti e il controllo della loro tossicità tramite incenerimento o discarica.

A quel tempo, il recupero e il riciclaggio non erano ancora ben radicati nell'industria.

Sotto la pressione del cambiamento climatico e della crescente consapevolezza ambientale, l'inizio del XXI secolo ha visto l'emergere della differenziazione dei rifiuti e l'ambizione (o la necessità) di recuperare i rifiuti sotto forma di materiali o di energia, al fine di preservare le risorse naturali.

 

 

Quando la raccolta differenziata genera rifiuti pericolosi

Selezionare i rifiuti per produrre materie prime secondarie significa neutralizzare la frazione tossica contenuta per garantire materiali secondari non inquinanti.

Si tratta della cosiddetta decontaminazione del ciclo di riciclaggio, unita al concetto di completa tracciabilità dei rifiuti trattati.

L'evoluzione dei materiali industriali e le nuove normative portano costantemente alla creazione di nuovi processi di trattamento e recupero (oli, solventi, coadiuvanti per vaccini, farmaci, gel idroalcolici).

Alla fine della catena, l'incenerimento e/o lo stoccaggio dei rifiuti finali che non possono essere riciclati sono ancora necessari per contenere l'inquinamento.

 

 

Verso un'economia circolare

Di fronte all'emergenza climatica e alla necessità di preservare le risorse naturali, il riciclo non è più sufficiente.

È necessario chiudere i cicli di riciclo producendo nuove materie prime che soddisfino o superino gli standard dei materiali iniziali utilizzati nella produzione industriale.

Non si tratta solo di una priorità ambientale e sociale, ma anche di una questione di indipendenza economica per territori e continenti (metalli strategici, ecc.).

Nuove forme di alleanze di know-how tra produttori stanno già accelerando questo processo.

 

 

Il modello virtuoso della SARPI

Sin dalla sua creazione, la SARPI ha sostenuto questi cambiamenti ambientali e industriali.

La sua rete di impianti dedicati consente di trattare tutti i tipi di inquinamento senza diluizione.

Le sue attività sono necessarie e utili per affrontare l'emergenza ecologica:

neutralizzando l'inquinamento di ieri e di oggi, garantendo la tracciabilità e la decontaminazione dei cicli di riciclo, producendo nuove materie prime per un nuovo ciclo produttivo, contribuendo così a ridurre l'impatto di CO2 delle attività umane e della produzione industriale.